SEGNALAZIONE- Come le cicale – Fiore Manni – Rizzoli 2021

Titolo: Come le cicale
Autore: Fiore Manni
Editore: Rizzoli
Anno edizione: 2021
In commercio dal: 25 maggio 2021
Pagine: 155 p., Rilegato
Età di lettura: Da 11 anni

TRAMA:

Un romanzo che con delicatezza e sincerità cattura la protagonista proprio mentre si trasforma e si cerca, divisa tra la paura di conoscersi e il desiderio fortissimo di emozionarsi.

Non c’è niente di sbagliato in quello che sei

Il primo anno delle medie è terminato, eppure Teresa si sente ancora una bambina, con i capelli sempre arruffati e le ginocchia perennemente sbucciate. È come se fosse rimasta indietro. E quando arriva alla casa al mare dove ogni anno trascorre le vacanze, scopre con stupore e tristezza che anche lì è destinata a sentirsi quella fuori posto, inadeguata: le compagne di gioco di una vita ora sono interessate solo allo smalto e ai ragazzi, il rapporto con il suo migliore amico è improvvisamente complicato, e tutti sembrano essere cresciuti tranne lei. Dov’è la sfavillante Terry, la versione di sé sicura e matura, che aspetta da tempo?, si chiede ogni giorno guardandosi allo specchio. Ma proprio quando Teresa si è ormai rassegnata a trascorrere un’estate terribile, ecco comparire Agata. Dolce e forte al tempo stesso, sincera, gentile e bellissima, conquista subito l’affetto e la simpatia di Teresa. E molto più: le fa battere forte il cuore, sudare le mani, sognare il primo bacio… Età di lettura: da 11 anni.

AUTORE:

Fiore Manni ha studiato fashion design e da diversi anni conduce il fortunato programma per ragazzi “Camilla Store”. La prima avventura di Jack Bennet, non ché suo romanzo di esordio (Jack Bennet e la chiave di tutte le cose, Rizzoli 2015) ha vinto il Premio Asti d’Appello Junior ed è stata finalista al Premio Castello di Sanguinetto. La seconda avventura di Jack Bennet è Jack Bennet e il viaggiatore dai mille volti (Rizzoli 2019).

RECENSIONE – Nove giorni – Gilly Macmillan – Newton Compton 2020

TRAMA

Rachel Jenner è sconvolta e in preda al panico: suo figlio Ben, di soli otto anni, è scomparso, e lei non sa come affrontare questa tragedia. Inoltre, a peggiorare la situazione, ci sono gli obiettivi della stampa e le telecamere delle TV che seguono lo sviluppo del caso e le stanno con il fiato sul collo. È vero, ha commesso una leggerezza: ha perso per un attimo di vista Ben e lui è sparito e ora tutto il Paese pensa che lei sia una madre sprovveduta e vada condannata. Ma cosa è successo veramente in quel tragico pomeriggio? Stretta fra il dramma di aver perso il figlio, le sempre più serrate indagini della polizia e la pubblica gogna dei media, Rachel deve affrontare un'altra agghiacciante realtà: tutto quello che sa di sé e dei suoi cari si rivela una gigantesca bugia. E non c'è più nessuno, nemmeno nella sua famiglia, di cui la donna possa fidarsi. Il tempo stringe e forse il piccolo Ben potrebbe essere ancora salvato, ma l'opinione pubblica ha già deciso. E tu, da che parte starai?

RECENSIONE

Un anno fa, subito dopo la scomparsa di Ben, dovetti affrontare una conferenza stampa che venne trasmessa in televisione. Il mio compito era lanciare un appello, chiedere aiuto per trovare mio figlio. La polizia mi aveva consegnato un messaggio da leggere. Diedi per scontato che la gente che guardava avrebbe automaticamente compreso chi ero: una madre il cui figlio era appena scomparso, una donna per cui nulla aveva più importanza, a parte riportarlo a casa.
Molti spettatori, o almeno quelli più pronti a dire ciò che pensavano, arrivarono alla conclusione opposta. Mi accusarono di cose terribili.

Romanzo thriller narrato a due voci, entrambi in prima persona, con un ritmo poco adrenalinico e coinvolgente.

Il libro si apre subito facendo parlare Rachel Jenner, la madre di Ben Finch, che ci spiega, un anno dopo la sparizione del figlio, quello che ha dovuto passare e subire, a causa del dolore, della perdita e dell’opinione pubblica.

Rachel, da donna distrutta che voleva solo riavere il proprio figlio, viene additata come colpevole perché ha permesso al figlio di otto anni di correre avanti e precederla alle altalene, nonostante l’ultimo tratto della stradina le avrebbe impedito di tenerlo sott’occhio.

E qui ritroviamo nuovamente, come nel saggio documentario recensito ieri, come gli innocenti possono essere demonizzati in base a quello che vogliono far trasparire i media e i giornalisti.

Subito dopo ci parla James Clemo, detective ispettore del corpo di polizia di Avon e Somerset, l’incaricato delle indagini, che da quell’indagine ha iniziato a soffrire di attacchi di panico e incubi notturni, finendo così in cura presso una psichiatra.

Dopo aver conosciuto i due personaggi principali, facciamo un salto indietro di un anno, a quei terribili nove giorni che danno titolo al romanzo.

La storia vuole essere un thriller psicologico basato sul tema della perdita peggiore che possa esistere: quella di una madre quando sparisce un figlio, specie se ancora piccolo.

Il tema viene sviluppato molto bene, la parte del dolore e psicologica è molto approfondita, e con la narrazione in prima persona abbiamo veramente la sensa­zione di essere Rachel o James e di vivere il loro dolore, i loro incubi e le loro paure.

Quello che rovina questo libro è il ritmo narrativo, troppo lento, monotono, per nulla cadenzato, che porta il lettore ad arrancare pagina dopo pagina, per tutta la sua lunghezza di 400 pagine.

Anche quando Ben è scomparso e Rachel corre nel bosco a cercarlo, seguendo ogni rumore sperando che sia lui, non c’è ritmo. Non percepiamo la frenesia della paura, la corsa contro il tempo fregandosene dei graffi e dei tagli causati dalla vegetazione, il cuore nel petto che sembra coprire ogni rumore ma nello stesso tempo fermarsi ogni volta che non si trova nulla. Dobbiamo crearle noi, quando invece dovrebbe essere il testo a farci correre senza farci spostare lo sguardo dalle parole.

Bisogna però riconoscergli che i personaggi sono molto caratterizzati e fanno una crescita enorme dall’inizio della storia alla fine, e anche le ambientazioni e gli avvenimenti sono descritti minuziosamente e non è difficile visualizzarli anche per chi non li ha mai visti.

Un romanzo poco d’evasione, a causa della sua mancanza di totale coinvolgimento per il ritmo lento, ma molto interessante dal lato psicologico.

Micol Borzatta

Copia di proprietà

RECENSIONE – La città dei vivi – Nicola Lagioia – Einaudi 2020

TRAMA

«Tutti temiamo di vestire i panni della vittima. Viviamo nell'incubo di venire derubati, ingannati, aggrediti, calpestati. Preghiamo di non incontrare sulla nostra strada un assassino. Ma quale ostacolo emotivo dobbiamo superare per immaginare di poter essere noi, un giorno, a vestire i panni del carnefice?» "Le parole di Nicola Lagioia ci portano dentro il caso di cronaca più efferato degli ultimi anni. Un viaggio per le strade buie della città eterna, un'indagine sulla natura umana, sulla responsabilità e la colpa, sull'istinto di sopraffazione e il libero arbitrio. Su chi siamo, o chi potevamo diventare. Nel marzo 2016, in un anonimo appartamento della periferia romana, due ragazzi di buona famiglia di nome Manuel Foffo e Marco Prato seviziano per ore un ragazzo più giovane, Luca Varani, portandolo a una morte lenta e terribile. È un gesto inspiegabile, inimmaginabile anche per loro pochi giorni prima. La notizia calamita immediatamente l'attenzione, sconvolgendo nel profondo l'opinione pubblica. È la natura del delitto a sollevare le domande più inquietanti. È un caso di violenza gratuita? Gli assassini sono dei depravati? Dei cocainomani? Dei disperati? Erano davvero consapevoli di ciò che stavano facendo? Qualcuno inizia a descrivere l'omicidio come un caso di possessione. Quel che è certo è che questo gesto enorme, insensato, segna oltre i colpevoli l'intero mondo che li circonda. Nicola Lagioia segue questa storia sin dall'inizio: intervista i protagonisti della vicenda, raccoglie documenti e testimonianze, incontra i genitori di Luca Varani, intrattiene un carteggio con uno dei due colpevoli. Mettersi sulle tracce del delitto significa anche affrontare una discesa nella notte di Roma, una città invivibile eppure traboccante di vita, presa d'assalto da topi e animali selvatici, stravolta dalla corruzione, dalle droghe, ma al tempo stesso capace di far sentire libero chi ci vive come nessun altro posto al mondo. Una città che in quel momento non ha un sindaco, ma ben due papi. Da questa indagine emerge un tempo fatto di aspettative tradite, confusione sessuale, difficoltà nel diventare adulti, disuguaglianze, vuoti di identità e smarrimento. Procedendo per cerchi concentrici, Nicola Lagioia spalanca le porte delle case, interroga i padri e i figli, cercando il punto di rottura a partire dal quale tutto può succedere".

RECENSIONE

«Orrore alla periferia di Roma. Un ragazzo di 23 anni è stato ucciso in un apparta­mento dei collanti no dopo essere stato torturato per ore. Il delitto è in apparenza privo di movente.»
da la Repubblica del 6 marzo 2016

La città dei vivi non è un romanzo, ma un reportage di 426 pagine di viso in 6 parti che racconta, indaga, approfondisce, e cerca di sbrogliare i terribili avvenimenti accaduti la notte del 4 marzo a Roma e che hanno coinvolto tre ragazzi: Manuel Foffo, il padrone di casa, Marco Prato, un PR che Foffo ha conosciuto un mese prima, e Luca Varani, un ragazzo di 23 anni che conosceva solo Prato.

M F: «Giovedì prox se puoi non prendere impegni. T chiamo nei prox giorni.»
M P: «ok :)»
M F: «Perfetto.»
M P: «Come vuoi che mi concio?»

Scambio di whatsapp tra Manuel Foffo e Marco Prato risalente a poco più di un mese prima.

Nella prima parte Nicola Lagioia ci presenta i fatti nudi e crudi di questo terribile omicidio che ha sconvolto, nel 2016, l’Italia intera.

Durante il funerale dello zio, Manuel Foffo confessa al padre di aver ucciso un ragazzo insieme a un conoscente, e che il cadavere è ancora nel suo appartamento. La confessione risulta molto confusa perché Foffo continua a ripetere di non ricordare nulla, nemmeno quanti giorni siano realmente passati dal fatto, perché troppo fatto di cocaina, però vuole assolutamente costituirsi.

Il padre di Foffo chiama subito l’avvocato che, a sua volta, chiama i carabinieri. Una volta che tutto il gruppo si riunisce si avviano all’appartamento di Foffo, situato sopra a quello della madre e scoprono il cadavere di Luca Varani, e le sue condizioni sono talmente terribili che sconvolgeranno i presenti.

Nel frattempo Marco Prato viene trovato in una camera d’albergo dopo aver tentato il suicidio, ma verrà soccorso in tempo e portato in ospedale, dove lo salveranno. Si suiciderà un anno dopo in carcere dopo aver continuato a dichiararsi innocente.

In data 05-03-2016, alle 18:50, giungeva sulla linea telefonica del nostro comando una telefonata da parte della centrale operativa di Roma, con la quale venivamo informati che in via Verdi Nois n. 6 vi era una persona, qualificatasi come un avvocato, Andreano Michele, il quale richiedeva il nostro intervento poiché un suo assistito, di nome Foffo Manuel, si era reso responsabile di un probabile omicidio.

Carabinieri Andrea Zaino e Alessio Crisafi
Comando di Roma Prenestina.

Dopo aver presentato i fatti, intervallando li con articoli di giornale, scambio di messaggi tra Foffo e Prato e verbali dei carabinieri, con la seconda parte del libro Lagioia ci racconta come ha intrapreso questo percorso, ovvero quando è stato chiamato da una sua collega, mentre stava scrivendo un altro libro, e gli è stato proposto di scrivere questo reportage e come questa notizia lo aveva già colpito da occupare ogni suo pensiero.

A questo punto abbiamo una visuale dell’opinione pubblica che ha continuato a lottare fra se stessa in base agli articoli che venivano pubblicati e alle notizie riportate, demoniz­zando prima Foffo e Prato, poi demonizzando Varani, quando è uscita la notizia che Prato fosse omosessuale dichiarato e varani aveva condiviso su Facebook post con tendenze omofobe.

Alle voci dell’opinione pubblica si aggiunsero anche quelle di personaggi pubblici, come Rita dalla Chiesa, e politici, come Vladimir Luxuria.

Il tutto viene raccontato con uno stile romanzato, in modo da rendere un argomento molto forte e pesante raggiungibile da chiunque, così che qualsiasi lettore, adulto, possa scoprire i retroscena terribili di questa vicenda.

Anche le descrizioni sono molto approfondite ma non troppo macabre o esplicite, in modo da non turbare i lettori più sensibili.

Una lettura interessante che dimostra come bastino poche parole perché la gente si faccia manovrare e una vittima può diventare carnefice e il carnefice una vittima.

Micol Borzatta

Copia di proprietà

RECENSIONE – Silent Hill Downpour – videogioco di Konami del 2012

Silent Hill Downpour è l’ultimo capitolo della saga di Silent Hill. Uscito nel 2012 non è collegato a nessuno dei capitoli precedenti e ci permette di esplorare una parte di Silent Hill che non abbiamo mai visto in nessuno dei giochi precedenti.

Murphy Pendleton è il protagonista del capitolo, ed è un detenuto del Penitenziario Statale Ryall perché ha rubato una volante della polizia. In carcere Murphy scopre che in isolamento viene detenuto un suo vicino di casa, con cui ha un conto in sospeso che vuole assolutamente regolare.

Trattasi di Patrick Napier, un pedofilo che ha abusato e ucciso il figlio di Murphy. Il piccolo Charlie è stato ritrovato cadavere dalla polizia dentro al lago davanti agli occhi terrorizzati del padre. Distrutto dal dolore, ovviamente ha giurato vendetta.

Una vendetta che l’aiuta a mettere in pratica George Sewell, una guardia carceraria di infima fama, che purtroppo non fa mai nulla per nulla, e il prezzo che richiederà a Murphy per fargli avere la sua vendetta sarà veramente enorme.

Tempo dopo Murphy viene trasferito alla Prigione di Massima Sicurezza Wayside, e sul pullman di trasporto c’è Anne Cunningham, una poliziotta del Wayside, che ha il compito di controllarli per tutto il tragitto. Purtroppo, a causa di un incidente, il pullman si ribalta nei pressi di Silent Hill.

Durante i nostri giri per la città incontriamo spesso Howard Blackwood, un postino che continua a consegnare la posta in città, nonostante sia deserta, e che ogni volta, dopo averci dato un consiglio, sparisce come nel nulla, quasi fosse una guida silenziosa per le anime sperdute di Silent Hill.

Per tutto il tempo un’altra figura continuerà a guidarci a modo suo, ovvero DJ Ricks che continuerà a mettere dischi a noi dedicati indicandoci sempre da dove sta trasmettendo, come se volesse essere una sorta di faro. Decidiamo così di raggiungerlo per scoprire cosa sta nascondendo la città, perché siamo bloccati in essa e che legame ci unisce alla poliziotta Cunningham, e mentre lo facciamo, sulla via, troveremo i cadaveri degli altri detenuti che erano nel pulmino.

La teoria per cui Murphy e Anne siano bloccati a Silent Hill, vedendo come anche nei capitoli precedenti la città richiamasse a sé determinate persone, è il senso di vendetta che alberga in entrambi.

Tra tutti i Silent Hill questo è quello che mi è piaciuto meno, tantissima azione e combattimenti, ma la storia di fondo è minima, non troviamo quasi nessun documento che ci dia un po’ di lore e manca totalmente di coinvolgimento con il giocatore o lo spettatore. Come tutti gli altri Silent Hill è possibile trovare il gameplay completo, con e senza commento di chi gioca, su Youtube.

I MOSTRI

Screamers: sono delle donne urlanti che ricordano le streghe. La loro origine riguarda la famiglia di Murphy. Dopo la morte di Charlie, infatti, Carol, la moglie di Murphy, diventa aggressiva e continua ad aggredire il marito sia fisicamente che verbalmente, urlandogli sempre addosso. Questi mostri sono la rappresentazione di Carol che perseguita Murphy.

Wepping Bats: sono mostri grossi e bianchi dalle fattezze umanoidi. Rappresentano le guardie carceriere corrotte e brutali, che spesso uccidono i prigionieri.

Prisoner Minions: sono dei mostri umanoidi, la versione maschile degli Screamers. Rappresentano la paura di Murphy verso gli altri prigionieri, che li vede come pazzi e criminali.

Dolls: sono come delle bambole, ma sono composte da due identità. Quella fissa e immobile che assomiglia a una bambola o a un manichino, e un parte invisibile, con la stessa fisionomia, che si muove come un fantasma. Rappresentano il dualismo dell’individuo, esteriormente tranquilli, indifesi e innocenti, ma interiormente violenti, pronti a fare del male, ovviamente il pensiero è invisibile agli occhi del prossimo.

Prisoner Juggernauts: un mostro umanoide simile ai prigionieri. Anche lui rappresenta la paura di Murphy per gli altri detenuti, ma in versione più pericolosa, potente e cattiva.

Micol Borzatta

Seguito su YouTube

RECENSIONE – Lockwood & Co. Il teschio parlante – Jonathan Stroud – Salani 2016

TRAMA

L'Inghilterra è afflitta da oltre cinquant'anni da un'invasione di fantasmi di tutti i generi. I londinesi, senza scomporsi, lo chiamano 'Il Problema', ma la loro vita ne è pesantemente condizionata. Gli unici in grado di vedere e combattere gli spettri sono i ragazzini, ciascuno con i propri Talenti, al servizio di agenzie di acchiappafantasmi. Tra queste, la Lockwood & Co. cerca di emergere, ma non ha fatto ancora grandi progressi… L'agenzia rivale riesce sempre a mettere i bastoni tra le ruote ad Anthony, Lucy e George, impedendogli di portare a termine qualsiasi missione. Il capo della Lockwood & Co., il bello e intraprendente Anthony, ha deciso di sfidare i concorrenti nella soluzione di un caso: chi perderà sarà costretto ad ammettere la sua inferiorità nientemeno che sul Times! La sfida consisterà nel risolvere il mistero di uno strano specchio trafugato durante la riesumazione di un medico vittoriano che era riuscito a spiare nell'aldilà. Nel secondo capitolo della serie Lockwood & Co., riuscirà l'affascinante Anthony ad affermare la superiorità della sua agenzia, aggiudicandosi la vittoria in questa sfida? E Lucy sarà in grado di dimostrare una volta per tutte il suo coraggio e scoprire i suoi veri Talenti? Età di lettura: da 10 anni.

RECENSIONE

Siamo sempre a Londra. Sempre dopo che c’è stato il Problema, che non sappiamo cosa sia, a parte che da quel momento i fantasmi hanno incominciato a girare liberamente e possono essere visto solo dai ragazzi, che hanno vari talenti: chi può sentire le loro voci, chi può vedere le auree della morte, chi può sentire il passato toccando gli oggetti. Ognuno ha un talento diverso e sono divisi in varie agenzie di acchiappafantasmi.

Come l’altra volta, ovvero nella recensione di ieri, noi seguiamo la storia dell’agenzia Lockwood & Co. e dei suoi componenti: Lucy, George e Lockwood.

Come sempre i nostri tre amici vengono sopraffatti dalle altre agenzie, più grandi, più famose e con una disponibilità economica molto più grande, ma Lockwood non ha intenzione di sparire, e lo dimostra partecipando a una gara per qualificare la migliore agenzia londinese: recuperare uno strano specchio che è stato trafugato dal cadavere di un medico che si dice abbia visto nell’aldilà prima di morire.

In questo secondo capitolo della saga troviamo i nostri protagonisti un po’ cresciuti e maturati, intenzionati a lottare per il loro sogno, ovvero la loro agenzia, dimostrando una grinta che per dei ragazzini è davvero inusuale, specialmente visto che l’epoca in cui è ambientato dovrebbe essere abbastanza moderna stando alle tecnologie che utilizzano.

Anche in questo secondo volume troviamo una narrazione molto lineare, con un linguaggio molto semplice, adatto al target per cui è nata la collana, ovvero dai 10 anni in su, ma è molto apprezzato anche da un pubblico più adulto, che può trovare in queste pagine una buona lettura di evasione, che sa coinvolgere e trasportare in una Londra molto particolare.

Molto bello il personaggio di Lucy, che viene approfondito molto, le viene data un’importanza particolare, e non credo dipenda solo dal fatto che è la voce narrante della storia.

Una lettura perfetta per chi vuole evadere, per chi vuole avvicinarsi per la prima al mondo del paranormale e dell’horror, ma in modo soft, o semplicemente a chi vuole passare una serata diversa sprofondato in oscuri segreti.

Micol Borzatta

Copia di proprietà

RECENSIONE – Lockwood & Co. La scala urlante – Jonathan Stroud – Salani 2014

TRAMA

Da più di cinquant'anni, Londra è scossa da quello che i suoi abitanti chiamano genericamente "Il Problema", ovvero un'epidemia di fantasmi che ha infestato tutta l'Inghilterra. Gli unici a poter vedere, sentire e combattere gli spiriti maligni sono i ragazzini, arruolati nelle numerose agenzie di acchiappafantasmi. Armati di spade d'argento, bombe di sale, limatura di ferro e Fuoco Greco, questi ghostbuster bambini devono affrontare le più terribili infestazioni. Ed è proprio alla ricerca di un lavoro che Lucy Carlyle, una giovane e talentuosa agente, si reca nella capitale, ma finisce per essere assunta dall'agenzia più piccola e sgangherata di tutte. Nonostante la guida dell'affascinante e carismatico Anthony, la Lockwood & Co. è sull'orlo del fallimento. Per salvarla c'è solo una possibilità, accettare un incarico molto speciale. Peccato che preveda di trascorrere la notte nella casa più infestata d'Inghilterra e nessuna garanzia di uscirne vivi… Età di lettura: da 10 anni.

RECENSIONE

Il romanzo inizia subito rivolgendosi direttamente al lettore e presentandogli una lunga lista di casi finiti un po’ male, prima di coinvolgerlo nel nuovo caso che sarà l’argomento del volume.

Questo ci fa capire fin da subito che i due protagonisti non sono dei supereroi perfetti e impeccabili, ma persone normali sse che sanno anche sbagliare. Idea che ci viene confermata poco dopo quando Lockwood viene descritto come uno che non ha idea di come ci si relaziona con dei clienti, ed entrambi, lui e Lucy, vengono considerati troppo giovani e bisognosi di un supervisore.

Del mondo e dell’epoca sappiamo poco, ci viene accennato che siamo a Londra, e che da quando c’è stato il Problema, esiste un coprifuoco, vengono accesi dei lampioni anti fantasmi e le mamme mettono amuleti di ferro sopra i letti dei loro figli, ma cosa sia stato il Problema e in che epoca siamo esattamente, ancora non lo sappiamo.

Andando avanti con la narrazione Lucy, che è la voce narrante, spiega in cosa consiste il lavoro, usando anche terminologie abbastanza esplicite, che mi hanno lasciata perplessa, visto che il target di lettori consigliato è dai 10 anni in su.

Come aveva detto Lockwood, una sorgente poteva essere molte cose. Il luogo preciso di un delitto, magari, o un oggetto intimamente connesso con una morte improvvisa, o forse un bene particolarmente amato da un Visitatore quando era in vita. Il più delle volte però (il 73%, stando alle ricerche condotte dal Rotwell Institute), è associata a
ciò che il Manuale Fittes chiama ‘resti organici personali’. Potete immaginare da soli cosa vuole dire. Il punto è che finché non vai a guardare, non lo sai.

Con l’arrivo della seconda parte inizia un grosso problema. Nonostante siamo stati avvisati dal titolo che quei quattro capitoli tratteranno di quello avvenuto prima dell’assunzione di Lucy alla Lockwood & Co. , rimangono ugualmente molto lenti e quasi noiosi, sia a causa della loro lunghezza che dei troppi dettagli che vengono dati tutti insieme.

Un ritmo che mette a dura prova lettori più grandi, posso immaginare i più piccoli, a cui il romanzo sarebbe destinato.

Superati però questi quattro capitoli il ritmo torna a diventare molto ben cadenzato, il lettore viene nuovamente coinvolto nelle indagini e nei misteri, e la storia torna a essere conturbante, incuriosisce, e a questo punto non vogliamo più lasciare il romanzo fino alla sua fine, per poi voler continuare la lettura… e infatti c’è un secondo volume che vi recensirò domani.

Una lettura piacevole per grandi e piccini, per chi ama l’horror, i fantasmi e le indagini, ma anche chi si approccia a questo genere per la prima volta.

Micol Borzatta

Copia di proprietà

SEGNALAZIONE – Shiki Nagaoka: un naso di finzione – Mario Bellatin – Autori Riuniti 2021

Titolo: Shiki Nagaoka: un naso di finzione
Autore: Mario Bellatin
Traduttore: Vittoria Martinetto
Editore: Autori Riuniti
Collana: I nasi lunghi
Anno edizione: 2021
In commercio dal: 24 giugno 2021
Pagine: 120 p., Brossura

TRAMA:

La biografia del più importante e oscuro scrittore giapponese dell’ultimo secolo: Shiki Nagaoka. L’infanzia, la famiglia, gli amori delusi, la scelta della vita monastica, l’anomalia del suo gigantesco naso da Cyrano; gli incontri e l’influenza che esercitò su altri grandi artisti come Juan Rulfo, José Maria Arguedas, Tanizaki Junichiroe Ozu Yasujiro. Mario Bellatin ne racconta la vita e indaga sulla genesi dell’intraducibile e quasi introvabile capolavoro di Nagaoka: Photosand Words, per il quale fu tra i primi scrittori a concepire un uso narrativo della fotografia. Un romanzo di metafiction dove il gusto per l’ibridazione e la citazione si mescolano a una dissimulata ironia.

AUTORE:

Mario Bellatin è uno scrittore messicano, di origini italiane, il cui romanzo Salone di bellezza figura al 19º posto nella lista, redatta nel 2007 da 81 tra scrittori e critici latinoamericani e spagnoli, dei migliori 100 libri in lingua spagnola degli ultimi 25 anni.

Bellatin è stato direttore del Dipartimento di Lettere Umanistiche dell’Università del Claustro de Sor Juana e membro del Sistema Nacional de Creadores de México dal 1999 al 2005.

Attualmente è il direttore della Escuela Dinámica de Escritores a Città del Messico, che, creata nel 2001 come “Associazione senza scopo di lucro”, propone un metodo di preparazione letteraria alternativo rispetto agli spazi accademici e ai corsi tradizionali. Nel 2009 Bellatin ha annunciato il rinnovamento della Scuola, con programmi televisivi ed un editoriale a partire dal 2010.

La sua preparazione accademica è stata decisiva per lo sviluppo del suo modo di scrivere. La sua esperienza cinematografica lo ha portato a concludere che la realtà può essere inglobata in un breve frammento di tempo e ciò nonostante essere capace di provocare sensazioni importanti nello spettatore. Da qui il carattere frammentario della sua scrittura, che offre solo i dati precisi della realtà che compone nei suoi romanzi.

La sua opera, di gran diffusione, è stata tradotta in inglese, tedesco, francese e italiano. Mario Bellatin è considerato uno degli autori contemporanei latinoamericani sperimentali, nei cui romanzi si crea un gioco ludico tra realtà e finzione, sfumato con protocolli apocrifi, cronache, biografie e documenti scientifici, provocando così situazioni inverosimili ma anche simpatiche.

I suoi romanzi non contengono referenze biografiche, poiché l’autore crede che il testo debba sostenersi da solo e che la letteratura si sviluppi in modo migliore con il minor intervento da parte dell’autore.

RECENSIONE – Le sette sorelle. La sorella perduta – Lucinda Riley – Giunti 2021

TRAMA

Sempre più avventura, sempre più suspense nel settimo capitolo dell’epica saga bestseller internazionale.

Mi alzai, aprii la valigia ed era lì, nella tasca interna. perché non me n'ero semplicemente sbarazzata, come avevo fatto con quasi tutto quello che riguardava il mio passato? Presi l'anello, i sette piccoli smeraldi luccicarono nel bagliore della stanza. Poi mi stesi sul letto e afferrai il diario. È giunto il momento, Merry…

Maia, Ally, Star, CeCe, Tiggy ed Electra: ognuna delle 6 sorelle D’Aplièse ha compiuto un viaggio straordinario alla scoperta delle proprie origini, ma la costellazione delle Pleiadi da cui hanno preso i loro nomi è composta da 7 stelle e nessuno ha ancora scoperto chi sia veramente e dove si trovi Merope. Mentre Ally e Maia sono ad Atlantis a guardare Electra in tv al Concert for Africa, l’avvocato Georg Hoffman arriva con una novità incredibile: sembra che finalmente ci sia una pista concreta per trovare la sorella perduta. Con l’indirizzo di una vigna e il disegno di un anello di smeraldo a forma di stella, ha inizio una staffetta che porterà le sorelle ad attraversare, letteralmente, il mondo intero: dalla Nuova Zelanda al Canada, dall’Inghilterra alla Francia e infine all’Irlanda, unite più che mai nella missione di completare la loro famiglia prima della commemorazione per la morte di Pa’ Salt. Una ricerca che le metterà sulle tracce di una donna che in realtà non vuole essere trovata… ma perché?

RECENSIONE

Settimo romanzo della saga, e molto probabilmente l’ultimo, nonostante l’autrice avesse informato dell’esistenza di un ottavo volume su Pa’ Salt, a causa della morte di Lucinda Riley.

L’autrice lottava contro il cancro da cinque anni, e nonostante la malattia ha sempre continuato a scrivere.

La storia si apre con l’avvocato di Pa’ Salt che comunica a Marina e alle sei sorelle che esiste una settima sorella, una sorella andata perduta, adottata da un’altra famiglia, ma riconoscibile da un anello a forma di stella a sette punte, disegnato da Pa’ Salt in persona.

Le sorelle decidono di andare a incontrare la ragazza e di portarla ad Atlantis in tempo per la cerimonia commemorativa del primo anniversario della morte del padre, in modo da essere tutte e sette insieme.

Ecco qui mi è sorta la prima domanda: cosa può interessare a una ragazza sconosciuta
la morte di uno sconosciuto?

Allora, la struttura del romanzo è uguale a quella dei volumi precedenti: vengono in possesso di una destinazione, sottoforma di indirizzo o coordinate; partono verso la destinazione; incontrano i familiari; scoprono il loro passato; si crea la nuova famiglia.

Una struttura che finora ha funzionato perché il passato e le persone che trovavano erano collegate a loro da legami di sangue. Questa volta però pretendono di presentarsi da una perfetta sconosciuta, dirle che sarebbe dovuta essere stata adottata da loro padre, non dalla famiglia in cui è cresciuta e che ha amato, e che dovrebbe seguirle per andare a
presenziare a una cerimonia commemorativa di colui che, se per loro era il padre, per lei è un estraneo di cui non ha mai sentito parlare e di cui, ovviamente, non interessa nulla.

Fin qui, come si capisce, la storia mi è sembrata insulsa e poco accattivante, ma proprio a questo punto avviene un cambio radicale: quando la madre adottiva della sorella perduta viene informata che le sorelle vogliono parlare con lei, scappa e non si fa trovare, portando le sorelle, e il lettore, in giro per il mondo per riuscire a raggiungerla e scoprire quale segreto stia nascondendo.

A questo punto sia il mio giudizio sul romanzo, che il coinvolgimento e il ritmo narrativo cambiano.

Il ritmo diventa molto cadenzato, come se stessimo davvero correndo contro il tempo, le descrizioni sono minuziose, permettendo a chiunque di vedere mentalmente i vari luoghi visitati, come se ci fossimo anche noi, permettendoci di compiere un viaggio memorabile.

Il coinvolgimento a questo punto è completo, vogliamo scoprire quali segreti si sta cercando di nascondere. Perché è la madre ad avere l’anello che doveva essere della figlia? Perché continua a fuggire e non vuole parlare con le ragazze? Cos’è successo decenni prima per cui Pa’ Salt non è riuscito ad adottare la settima bambina?

Ed ecco che anche il mio giudizio è cambiato e mi sono trovata tra le mani un romanzo totalmente diverso da com’era iniziato e che ha saputo don armi le stesse emozioni che mi avevano donato i precedenti volumi.

Una lettura consigliata.

Micol Borzatta

Copia di proprietà

RECENSIONE – La figlia del mercenario – Jessica Therrien e Joe Gazzam – Dunwich 2021

TRAMA

Quando Tara Kafee viene congedata con disonore dai Corpi Speciali, ha un solo posto dove andare: casa. Ma ad aspettarla c'è qualcosa per cui non è pronta. Sono passati dieci anni da quando sua madre ha abbandonato la famiglia senza dare più notizie di sé. Tara è determinata a recuperare il rapporto con suo padre e a restare al suo fianco. Almeno fino a quando suo padre non scompare. Dopo aver scoperto in casa un bunker segreto pieno di armi, passaporti falsi e il dossier di una missione che riporta come obiettivo Cuba, Tara accetta con riluttanza l'aiuto del suo problematico fratello minore. È l'unico di cui possa fidarsi, e insieme partono alla volta dell'Avana. Tara è decisa a ritrovare suo padre, a qualunque costo, ma le cose non sono mai facili quando sei la figlia di un mercenario.

RECENSIONE

Romanzo abbastanza breve, siamo sulle 200 pagine, che ha una struttura particolare.

L’inizio infatti sembra un pochino lento, ci viene presentata Tara, la protagonista, la conosciamo a fondo, dal suo passato burrascoso, passato dentro e fuori di prigione, i suoi anni con Vince a rubare auto, tutto in concomitanza con la sparizione della madre, andata via senza dire niente a nessuno.

Tara decide così di entrare nei Marines e taglia tutti i ponti con il passato, padre e fratello compresi, per quattro anni, fino a quando non viene congedata con disonore perché ha sparato in un piede a un suo superiore. Atto fatto per legittima difesa, ma essendo la sua parola contro quella di due superiori uomini, ovviamente hanno creduto a loro.

Questa prima parte è molto psicologica e intensa, per questo dicevo che l’inizio è un po’ lento, e a chi non è interessato all’introspezione forse noiosa, ma a me è piaciuta molto, proprio perché ha approfondito un lato del personaggio che spesso viene trascurato, in più inserendo un tema sempre odierno e che va denunciato, in modo da dargli attenzione e far sì che possa cambiare.

Subito dopo questa parte abbiamo il ritorno a casa, l’incontro con il padre, a cui fa credere che il congedo con disonore sia a causa di un ennesimo problema creato da lei, così che fosse più semplice da sopportare, e l’incontro con il fratello, che la odia per essere sparita per quattro anni e la paragona alla fuga della madre.

Anche questa parte è molto introspettiva, affronta molto bene i temi dei rapporti familiari, approfondendo li da vari punti di vista, e il tutto in pochissime pagine.

Da questo momento abbiamo una svolta incredibile, il ritmo cambia radicalmente di punto in bianco, come repentinamente cambia la vita di Tara e del fratellino Mitch, quando gli viene comunicata la scomparsa del padre, prima, e la scoperta che fosse un mercenario, dopo.

Ora infatti tutto diventa adrenalinico, pieno di azione e programmazione, e ci troveremo a viaggiare con Tara e Mitch fino a Cuba per ritrovare il padre, un’esperienza che unirà nuovamente i due fratelli e fece capire loro quali fossero i loro veri sentimenti verso il padre e fra di loro.

Se nelle prime cinquanta pagine qualche lettore avrebbe potuto avere qualche difficoltà, da questo momento siamo tutti incollati alla lettura, non possiamo più smettere, come se il tempo dentro al romanzo scorresse di pari passo con quello reale.

Una lettura potente e completa, introspettiva, adrenalinica, di denuncia, di formazione e di crescita, che consiglio vivamente.

Micol Borzatta

Copia ricevuta dalla casa editrice

RECENSIONE – Storia di un gatto bibliotecario – Daniele Palmieri – Salani 2019

TRAMA

Il mondo dei libri incontra un nuovo seducente protagonista a quattro zampe.

«Il mio nome è Jorge Luis e, oltre a essere l’involontario spolverino della Biblioteca, ne sono il custode. Sono l’ultimo di una lunga tradizione di gatti bibliotecari, destinati a vegliare sulle storie narrate dai libri e dai granelli di polvere…»

Questa è la storia di una Biblioteca che esiste da secoli, in cui da sempre il custode umano è affiancato da un guardiano felino; dove i gatti si trasmettono la conoscenza delle lingue, di tutto il sapere contenuto nei libri e di molte, infinite altre cose. Questa è la storia di un gatto, un “gatto delle sabbie”, nato vicino al Nilo e alle dune. Rapito da cucciolo e approdato alla Biblioteca, viene battezzato dalla gatta Iside con il nome di Jorge Luis, iniziando il suo apprendistato di Gatto bibliotecario. Questa è la storia dei misteri e dei segreti nascosti nella Biblioteca e di come Jorge Luis li scopre, trovando al tempo stesso il senso del proprio nome, della propria storia e di tutte le storie contenute nei libri della Biblioteca. Perché, come scriveva un altro celebre “Jorge Luis”, ogni storia non è altro che la riproposizione di quattro storie: la storia di un viaggio, di un sacrificio, di una ricerca e di un assedio.

RECENSIONE

Il mio nome è Jorge Luis e, oltre a essere l’involontario spolverino della Biblioteca, ne sono il custode. Ultimo di una lunga tradizione di gatti bibliotecari, destinati a vegliare sulle storie narrate dai libri e dai granelli di polvere.
Questa è la mia storia. O, meglio, la storia della Biblioteca a cui il caso, che nulla fa casualmente, mi ha destinato. Un inciso nella storia complessiva della Biblioteca, una parola nella storia del Mondo, un articolo nella storia dell’Universo e un granello nell’eter­na storia della Polvere.

Secondo volume legato alla serie dei gatti di Palmieri, iniziamo subito conoscendo la voce narrante, ovvero Jorge Luis, un gatto delle sabbie che è stato rapito da piccolo in Egitto e venduto a un collezionista losco che abita sulle sponde dell’Adda.

Jorge riesce a fuggire e tra mille vicissitudini, si ritrova dentro a una biblioteca, con l’unica intenzione di ripararsi per la notte per poi rimettersi in viaggio, la mattina dopo, con l’idea di seguire il fiume fino a casa sua, nel deserto.

Jorge infatti è solo un cucciolo che non sa nulla del mondo, crede che l’Adda sia il Nilo, e sa solo che sua madre gli ha sempre insegnato che se si fosse perso avrebbe sempre dovuto seguire il fiume.

Tutto questo sempre narrato da lui direttamente, portandoci a comprendere la paura di un cucciolo, a provare una tenerezza incredibile e a volerlo prendere in braccio e riempirlo di coccole.

Con questo senso di disagio e di terrore, Jorge e noi, facciamo la conoscenza di Iside, una bellissima gatta tartaruga ta che lo adotterà, insieme al suo umano Alessandro, e gli farà da mentore.

Sarebbe impossibile descrivere nel dettaglio tutte le sfaccettature della Biblioteca attraverso gli innumerevoli gatti che vi hanno vissuto. Ho spulciato con attenzione pressoché tutti i libri della stanza segreta e non ne ho trovato uno che le raccolga e le confronti, per capire se è possibile venirne a capo e scoprire qual è la Vera Biblioteca: comunque, se questo libro esistesse, si concluderebbe con la scoperta che nessuna di esse è la Vera Biblioteca, ma che ogni prospettiva è solo un tassello di un’immagine ben più ampia che non potremo mai vedere nel suo insieme.

I mesi passano, Jorge cresce, Iside gli insegna tutti i segreti della Biblioteca, gli insegna a leggere i libri degli uomini e quando lo vede pronto lo mette a conoscenza di tutti i compiti di un gatto bibliotecario e dell’esistenza di una stanza segreta in cui è contenuta la biblioteca felina, con tutte le opere scritte nella storia dai gatti.

Parte molto dolce in cui viviamo in prima persona il legame che si instaura tra Iside e Jorge, un legame molto ben descritto, con mille sfumature e con i tratti caratteristici dei gatti, senza umanitari, ma rispettandoli per quello che sono.

Grazie, o forse a causa, di queste descrizioni, ci troveremo spesso a piangere, dovendo superare dei lutti e delle perdite come se le avessimo vissute veramente, perché in quel momento noi siamo dentro al libro.

Serio ed elegante, poco incline al giuoco e alle faccende volgari, benché dispensatore di affetto e allegria, con il suo silenzio e il suo sguardo vigile il gatto bibliotecario è scrigno di saggezza. Scruta i corridoi con occhi attenti, vede senza essere visto, ascolta senza essere sentito, tace non per ignoranza ma poiché sa, prende e compie ciò che vuole, osa esplorare gli anfratti più ignoti e reconditi della Biblioteca; con il suo comportamento egli è monito al vero studioso, che deve: sapere, osare, volere, tacere.

Il romanzo è suddiviso in tre parti, ogni parte affronta una tappa della vita di Jorge, il suo apprendistato da cucciolo, la sua vita adulta come bibliotecario, e la sua vecchiaia. Ogni tappa è arricchita da incontri felini e umani che doneranno grandi insegnamenti ed emozioni sia a Jorge che a noi.

Come dicevo questo è un secondo volume, nonostante sia totalmente distaccato come storia, epoca temporale e luogo, troviamo una comparsata di Cornelio Agrippa, che insieme al gatto Asmodeo, sono i protagonisti del primo libro, ma sono comunque leggibili indipendentemente.

Una saga che mi sta donando emozioni fortissime e che mi spiace sia composta solo da tre volumi, continuerei l’immersione a oltranza.

Un giorno Dio comprese il grande errore compiuto
nell’aver plasmato l’uomo consegnandogli le chiavi
dell’intero creato.
Pensò di radere al suolo tutto il suo regno
per riportare pace e perfezione con una nuova creazione.
Ma d’improvviso vide un gatto assopito
sulle pagine bianche d’un libro
dall’ampia testa e il pelo folto
del color della carta ingiallita
e allora comprese che mai bellezza maggiore
avrebbe potuto raggiungere.
E ronfando beato sulla sua cuccia di carta
il felino mai seppe di aver salvato,
senza far nulla,
l’intero creato.

Micol Borzatta

Copia di proprietà