
TRAMA
Un chirurgo opera una donna al cervello con lo scopo di aprire il suo “occhio interno” e farla incontrare con il diabolico dio Pan. Dall’unione con il male (Pan rappresenta la mostruosa divinità della natura, la cui semplice visione induce alla pazzia) nascerà un essere spaventoso, che porterà terrore e follia nelle vite di coloro che vi entreranno in contatto.
Machen trascina il lettore con tensione crescente fino all’orrore finale, mettendo in mostra le terribili conseguenze delle teorie darwiniane sull’evoluzione delle specie. Fanucci Editore ripropone al pubblico italiano l’opera più inquietante di Arthur Machen, Il grande dio Pan del 1894, un romanzo molto potente ed evocativo che riporta alla luce antiche leggende pagane ed è basato sul concetto del “male” come parte integrante della realtà.
RECENSIONE
Racconto lungo dell’orrore pubblicato per la prima volta nel 1890 Sulla rivista The Whirlwind e poi riscritto in modo più esteso dall’autore nel 1894.
Da questo romanzo, e soprattutto dal suo autore, hanno preso spunto grandi autori come Peter Straub, John Harrison, Frank Belknap Long e anche Stephen King. Le lodi di Machen sono state decantate anche da Clive Baker, Charles Williams, W. B. Yeats, Arthur Conan Doyle e perfino Oscar Wilde.
«Ah, ecco. Dopotutto, in un caso come questo è impossibile trovare una soluzione. Detesto i melodrammi, e penso che non ci sia niente di più noioso delle solite storie di fantasmi da quattro soldi. Ma in effetti, Villiers, sembra che qui si nasconda qualcosa di molto sospetto.»
Siamo nel Galles nel 1868, lo scienziato Raymond decide di operare al cervello la sua protetta Mary Vaughan, convinto che in questo modo lei potrà vedere il Dio Pan, conosciuto nella mitologia come portatore di pazzia e malignità. All’operazione parteciperà anche l’amico Clarke come spettatore e testimone.
Mary, dopo l’operazione, inizierà ad avere grossi problemi, fino ad arrivare alla pazzia.
A questo punto la scena si sposta a Londra più di vent’anni dopo e ci viene raccontato l’incontro tra un certo Villiers e un suo ex compagno di scuola che ora chiede l’elemosina.
Herbert, l’amico, racconta a Villiers che qualche anno prima ha incontrato una bellissima ragazza di circa diciannove anni, nonostante avesse qualcosa nello sguardo che incuteva terrore, Herbert se ne innamora e la sposa, ma basta poco tempo che la moglie, Helen Vaughan, lo corrompa nel corpo e nell’anima, portandolo a diventare un vagabondo, per poi scomparire.
Pochi giorni dopo Herbert viene trovato morto e Villiers decide di rivolgersi al suo amico Clarke per trovare Helen Vaughan e risolvere il mistero a lei collegato, senza sapere che il suo amico è dentro alla storia da molto tempo prima.
«Sì. Era al centro dell’attenzione di tutti. Credo che si possa definire una bella donna, eppure c’è qualcosa, nel suo viso, che non mi è piaciuto. I lineamenti sono deliziosi, ma l’espressione è strana. E poi, per tutto il tempo che l’ho osservata, e anche dopo, mentre tornavo a casa, ho avvertito una bizzarra sensazione di familiarità.»
La storia è molto accattivante, e il fatto che supera di poco le cento pagine permette di gustarla tutta d’un fiato, potendolo leggere in tre-quattro ore, o anche meno.
L’unico intoppo che ho riscontrato è stato il salto temporale tra gli eventi del Galles e quelli a Londra, infatti non dichiarando da subito gli anni in cui si svolgono, ci si impiega un po’ a capire esattamente che il tempo trascorso è così lungo.
Il linguaggio è semplice e odierno, ma a volte la struttura delle frasi è quella dell’epoca, pur rendendo tutto molto più omogeneo crea un rallentamento nel lettore all’immersione nel testo.
Mi dispiace che non sia stata approfondita maggiormente la figura del Dio Pan, ma viene lasciata molto in sottofondo, nonostante sia la base su cui viene costruita tutta la storia.
Una lettura avvincente che sa incutere terrore.
Micol Borzatta