David Miller lavora come imbalsamatore e preparatore di cadaveri e si diletta come scrittore.
David vive a Parigi con la moglie Cathy e la figlia Clara.
Da un mese continua a ricevere, due volte al giorno, lettere, a volte minatorie altre solo deliranti, da parte di una certa Miss Hyde di Rouen che dice di averlo conosciuto a un salone del libro.
David non dà peso a queste lettere, non risponde nemmeno, portando Miss Hyde a recarsi a Parigi e passare dalla carta scritta ai fatti.
Mentre Miss Hyde si apposta fuori da casa Miller e fa consegnare un macabro pacchetto a Cathy, David viene avvicinato fuori dal lavoro da uno strano individuo, un certo Arthur Doffre, un vecchietto molto ricco, che gli fa una proposta che potrebbe cambiargli la vita in meglio e per sempre.
«Purtroppo bisogna tener conto delle critiche, cercare di andar incontro al pubblico… È l’unico modo per sfondare.»
«Scrivere contro natura? Hmm… Dubito che sia una buona idea… Dal modo che lei ha di raccontare le storie, s’intuisce subito che è ossessionato, anzi perseguitato… Ma forse sbaglio…»
«Veramente no. Credo che ‘ossessionato’ sia la parola giusta… Ossessionato da immagini oscure, che mi ronzano in testa.»
«I morti? Tutti gli uomini, le donne e i bambini che svuota ogni giorno? la tormentano?»
«Sa, la morte è brutta, ripugnante; quando la incontriamo, ci costringe a urlare. Io la domino, mi comporto come se non ci fosse. Ma, a conti fatti, tutto resta sepolto dentro di me. E allora, la penna, è come…»
«… un parafulmine. La usa per riversare sulla carta la sua sofferenza in eccesso.»
«Già. Il mio parafulmine. Una bella similitudine. Ma la mia vita quotidiana non ha nulla di spaventoso, mi creda. Ho una moglie che amo, una bambina in buona salute e le cose morbose non mi attraggono per niente.»
David, dopo averne parlato con la moglie, decide di accettare la proposta di Doffre e, quattro giorni dopo, si reca nella Foresta Nera in Germania a scrivere un romanzo sul Boia 125, inserendo come co-protagonista un Arthur Doffre più giovane e senza
problemi motori.
Oltre a Doffre e alla famiglia Miller, allo chalet c’è anche Adeline, una squillo a pagamento, nei panni dell’accompagnatrice di Doffre e Cathy inizia subito a farsi prendere dalla gelosia provando immediatamente antipatia verso la giovane donna.
Lo chalet si dimostra essere un enorme laboratorio entomologo comprendente una stanza piena di mosche bloccate da spilloni in bacheche e un campo con carcasse di maiali a diversi stadi di decomposizione.
Come la casa nascondeva il laboratorio, anche Arthur Doffre nasconde un oscuro segreto, che svelerà a David proprio quella prima sera dopo cena, segreto che porterà David a un viaggio pesante dentro se stesso e nella psiche di Boia 125, costringendolo nel laboratorio, adibito a suo studio per scrivere, tutta la notte, dimentico della promessa fatta alla moglie.
Piano piano, però, scopriamo che Doffre e la casa non sono gli unici a nascondere dei segreti, anche Adeline e i Miller li hanno, e ognuno di loro cerca di tenerli più in fondo possibile, ma la casa sembra saperlo e vuole farli emergere.
Sì, perché nonostante la casa sia solo una costruzione, il fatto che sia costruita intorno a una quercia rossa, unico esemplare della zona risalente a quattro o cinque secoli prima, fa sì che dia l’impressione di essere viva, che l’albero con il tronco bitorzoluto, come se fossero volti, sia il suo cuore, pulsante, vivo, che attende il momento di giudicarli tutti.
Ad aiutare il lettore a percepire la casa come un vero e proprio personaggio protagonista è la capacità di Thilliez di creare descrizioni vivide e molto reali, concrete, piene di atmosfera che rapisce l’animo del lettore, entrando in ogni sua cellula, trasformandolo e cambiandolo per sempre.
Lo stesso vale per le descrizioni dei personaggi, pieni di sfaccettature, di bianchi e neri, ma anche di una svariata gradazione di grigi.
Personaggi dalle più svariate caratteristiche fisiche, ma ancor più quelle emotive e psicologiche che creano legami empatici con il lettore.
La storia è molto particolare.
Si inizia subito conoscendo, marginalmente, Miss Hyde, ma percependo una certa rilevanza, per poi non vederla più apparire per quasi tutto il romanzo.
Veniamo tenuti incollati alle pagine seguendo David che scrive di un serial killer morto suicida, con qualche picco di azione sporadico, per quasi metà romanzo, senza capire quale sia il vero intento dell’autore, dove accipicchia voglia andare a parare, per poi trovarsi con un colpo di scena dietro l’altro che ci sveleranno il
vero mistero, la vera storia del romanzo, facendoci capire che non avevamo capito niente.
Un finale esplosivo totalmente in stile Thilliez per un romanzo che è un’opera d’arte.
Micol Borzatta
Copia presa in biblioteca